Ci sono luoghi che corrono il rischio di essere depredati più di altri, a prescindere dal tipo di residenti che li abitano. Criminologi e sociologi spiegano questo fenomeno riferendosi all’esistenza di fattori ambientali che favoriscono il crimine. Molti studiosi hanno perciò puntato la loro attenzione sull’ambiente piuttosto che sul contesto sociale per spiegare le ragioni del crimine (anche se spesso questi due aspetti sono interdipendenti). Il principio generale di questa scuola di pensiero afferma che gli ambienti urbani sono i più vulnerabili rispetto ad altri.

Questo principio introduce pertanto la possibilità di modificare l’ambiente fisico in modo da creare luoghi meno vulnerabili e permettere ai residenti di controllare e difendere i loro spazi eliminando allo stesso tempo alcune componenti critiche che possono attrarre gli autori di reato. 

Lo “spazio difendibile” (Oscar Newman, Defensible space theory, 1972) è formato da tre componenti: territorialità, sorveglianza naturale e immagine. Tutte componenti che sono strettamente legate all’ambiente. Da quando è stata formulata, la teoria di Newman è, in egual misura, sostenuta e criticata dalla comunità scientifica. A dispetto delle critiche, però, la teoria è diventata popolare tra i politici e i decisori americani e britannici fino a diventare uno standard di qualità nella costruzione di case sicure. La teoria dello “spazio difendibile” divenne così famosa da produrre linee guida quali il CPTED (1999), Secured by Design (2004) e l’equivalente olandese Politiekeurmerk Veilig Wonen (PKVW). Queste linee guida ebbero successo perché dimostrarono che la loro applicazione diminuiva considerevolmente l’incidenza del crimine.

Territorialità

La creazione di uno spazio difendibile permette ai residenti di controllare gli spazi attorno alle loro abitazioni e gli spazi comuni in ambito condominiale.

La definizione di territorialità per Newman è: “la capacità dell’ambiente fisico di creare zone percepite come influenze territoriali”. La suddivisione degli spazi in zone di influenza e controllo deve risultare in una chiara delimitazione tra gli spazi pubblici, privati e condivisi. Queste zone di controllo sono create attraverso l’uso di barriere, sia fisiche sia virtuali, che interrompono il percorso tra spazi pubblici e spazi privati. Le barriere fisiche, insieme alle barriere simboliche che potrebbero non impedire fisicamente il passaggio, veicolano il messaggio che sono spazi ad accesso privato o ristretto e che sono controllati dai residenti. È vero che nessun cartello di “proprietà privata” ha mai fermato un ladro ma, se dietro a quel cartello c’è un’attività di sorveglianza informale dei residenti, le probabilità di violazione e vittimizzazione di questi ultimi si abbassano notevolmente. 

Questo tipo di controllo viene esercitato come risultato della capacità dei residenti di percepire lo spazio intorno a loro come spazio personale che deve e può essere difeso, come estensione dello spazio difendibile rappresentato dagli spazi interni della propria casa. Inutile sottolineare che il controllo degli accessi è parte integrante di questa strategia.

Sorveglianza naturale

Definita da Newman come “la capacità dell’ambiente fisico di fornire ai residenti opportunità di sorveglianza”, la sorveglianza naturale è un elemento chiave per mantenere il controllo dei propri spazi da parte dei residenti. Secondo la sua teoria, porte e finestre che permettono di osservare grandi spazi esterni e che offrono una buona visibilità sugli spazi privati, condivisi e pubblici permettono ai residenti di monitorare questi spazi e di rilevare criticità e anomalie. Newman aggiunge che gli spazi osservabili dalle residenze devono essere senza ostacoli e permettere una buona visuale degli ambienti circostanti. Questo serve, secondo la teoria, a rinforzare il senso di territorialità e aumenta il senso di sicurezza generato dalla consapevolezza che tutti i residenti possono controllare e sorvegliare le aree di comune interesse. Un uso frequente degli spazi condivisi da parte dei residenti aumenta la sorveglianza e aumenta il desiderio di difendere quegli spazi.

Aspetto e ambiente

L’aspetto di uno spazio residenziale proietta un’immagine dell’area che caratterizza lo stile di vita dei suoi abitanti. Quando questa immagine è negativa l’area diventa più vulnerabile alle attività criminali. Al contrario, un’area ben mantenuta veicola agli autori di reato il messaggio che questa è curata e controllata dai residenti, il che funge da deterrente per i potenziali offender. L’immagine dell’area è inoltre rafforzata dall’atteggiamento dei residenti verso gli spazi. Quando l’area genera un’immagine positiva, questo infonde nei residenti il desiderio di curare e proteggere il proprio ambiente. Al contrario, un’immagine negativa della propria area aumenta la paura e scoraggia i residenti dal prendersi cura degli spazi. Questo interrompe il meccanismo di controllo e influenza dell’ambiente. In accordo con la teoria di Newman, se l’estetica di un’area residenziale è positiva e percepita come sicura, anche le aree contigue saranno, per estensione ed associazione, percepite come sicure. Tutto questo facilita la territorialità e il senso di appartenenza oltre che il controllo dell’area da parte dei residenti.

Una delle critiche alla teoria di Newman è stata sollevata da Mawby (1981) affermando che un’area difendibile non assicura che l’area sarà difesa, poiché l’area può diventare insicura a causa di un clima sociale o relazionale instabile anche se l’ambiente è disegnato per essere sicuro. Questa critica ha un suo fondamento. Quante volte le cattive relazioni tra vicini producono trascuratezza e poca cura dell’ambiente? Il controllo di vicinato può ottimizzare le relazioni tra vicini rendendole più stabili ed armoniose e far aumentare tra i residenti la consapevolezza che per creare un’area sicura i vicini hanno bisogno gli uni degli altri in un patto di reciproco supporto.

Secondo Newman, l’attitudine territoriale e il comportamento dei residenti rappresentano un fattore determinante per la creazione di uno “spazio difendibile”. Infatti, esso non può essere creato senza il desiderio e l’abilità di esercitare controllo e influenza sopra il proprio ambiente.

Spazi difendibili e spazi vulnerabili

Esistono spazi che possono essere difendibili e altri che lo sono meno. Ad esempio, le vulnerabilità strutturali di una abitazione sono difficilmente eliminabili. Spostare una finestra o una porta in una posizione più difendibile a volte può essere molto costoso o addirittura impossibile. È necessario pertanto che quegli spazi vulnerabili diventino più difendibili non manipolando l’ambiente, ma modificando i comportamenti. Una porta non si può spostare ma può restare chiusa ed essere aperta solo quando necessario e in modo controllato. Il programma di Controllo di Vicinato permette, da una parte, l’individuazione delle vulnerabilità, dall’altra, la loro riduzione agendo sia sull’ambiente, sia sui comportamenti.

Proteggiamo un luogo perché lo sentiamo naturalmente come nostro

Normalmente consideriamo la nostra proprietà privata come lo spazio difendibile per eccellenza. Gli articoli 604 (violazione di domicilio) e 52 (legittima difesa) del Codice penale sanciscono il nostro diritto all’inviolabilità della nostra proprietà privata e il nostro diritto, con qualche giusta limitazione, a difenderci quando questa è violata. Aderire a un progetto di Controllo dl Vicinato ci da però l’opportunità di espandere (anche se non sotto un profilo giuridico) il nostro “spazio difendibile” ben oltre i confini del nostro appartamento o del nostro giardino.

Il Controllo di Vicinato basa le sue attività preventive sull’applicazione della “teoria dell’attività routinaria” (così come esplicitata dalla “prevenzione situazionale”): a) costituire un custode capace e b) rendere indisponibile un obiettivo. Il Controllo di Vicinato agisce su questi due aspetti restituendo ai residenti la capacità di sorvegliare il proprio spazio privato con il duplice scopo di individuare un reato predatorio in esecuzione del quale potrebbero essere vittime e osservare comportamenti che potrebbero far sospettare un’attività d’intelligence da parte dei ladri, per impedire a questi di acquisire informazioni sul potenziale target (la nostra casa o quella dei nostri vicini).

Relazioni dense e relazioni diluite

Il Programma di Controllo di Vicinato potenzia la capacità dei residenti di osservare il proprio “spazio difendibile” (non più limitato alla proprietà privata di una singola famiglia), attraverso la conoscenza reciproca dei residenti, la conoscenza dei propri luoghi e delle proprie abitudini. Per un efficace funzionamento di un gruppo di Controllo di Vicinato è necessario che questo non sia troppo numeroso. Tutti dovrebbero conoscere tutti (almeno di vista), altrimenti si potrebbe correre il rischio di scambiare i nostri vicini per sconosciuti. Esiste quindi un limite oggettivo all’espansione di un gruppo dovuto all’impossibilità da parte di un solo residente di conoscere tutti gli altri. Più il numero di famiglie che aderisce a un gruppo aumenta, più viene meno (statisticamente parlando) la capacità da parte di ogni singola famiglia di conoscere tutti i membri del proprio gruppo, oltre che gli amici e i conoscenti delle altre famiglie. La conoscenza non presuppone necessariamente la frequentazione e l’amicizia con tutti i vicini (se c’è, tanto meglio), ma piuttosto la capacità di ogni singolo membro di conoscere tutti gli altri e di collegare ogni volto o autovettura osservata nella propria area di interesse al contesto comunitario. La reciproca conoscenza con i nostri vicini determina i confini del nostro “spazio difendibile” in termini di sguardi e controllo. Se il numero delle famiglie si allarga eccessivamente, prima o poi, si manifesteranno delle brecce nella rete relazionale e di conseguenza una diminuita capacità di sorveglianza.

Estendere i benefici

Soprattutto nelle fasi iniziali d’implementazione del programma di Controllo di Vicinato, non tutte le famiglie di una via, di un’area o di un condominio aderiscono al progetto. Spesso si parte solo con “chi ci sta” o tra persone che già si conoscono e solo successivamente i gruppi vengono rimodellati sulla base di un secondo e altrettanto importante parametro: la visibilità reciproca delle abitazioni. Difficile controllare la casa del nostro vicino se non riusciamo a vederla!

Ma allora come facciamo a espandere il nostro spazio difendibile se esiste questo oggettivo limite fisico? Semplicemente creando altri gruppi di Controllo di Vicinato nelle aree contigue a quelle in cui i gruppi esistono già, in un rapporto federativo tra i gruppi. È di vitale importanza perciò che esista una rete orizzontale di collegamento tra i coordinatori dei vari gruppi a livello comunale.

La totale copertura del territorio comunale da parte dei gruppi di Controllo di Vicinato è un evento raro, se non impossibile. La realtà ci mostra invece situazioni a macchia di leopardo, dove la presenza di gruppi è alternata ad aree, anche ampissime, in cui non vi è alcuna forma di sorveglianza organizzata del territorio da parte dei residenti.

Nessun residente è ovviamente obbligato ad aderire a un gruppo di Controllo di Vicinato o a creare un sodalizio con i propri vicini e questo produce, oggettivamente, dei “buchi” nella capacità dei residenti di sorvegliare il proprio territorio. Come fare allora a riempire questi buchi? Si possono riempire, anche se a volte in modo non permanente, potenziando nel programma i seguenti tre elementi:

Larga diffusione dell’informazione sulle buone pratiche di prevenzione passiva anche alle famiglie che hanno deciso di non aderire al programma. Molte Amministrazioni comunali, anche laddove il progetto è solo in una fase iniziale o in via di sviluppo, hanno scelto intelligentemente di mettere a disposizione di tutte le famiglie residenti consigli e suggerimenti su come rendere più resistente la propria casa, individuando tutte le forme di vulnerabilità (anche comportamentali) che risultano sempre essere delle opportunità per i ladri. Questo approccio implementa solo un aspetto del programma (manca la formazione del custode capace) ma è meglio di niente. Questa riflessione suggerisce quanto è di vitale importanza coinvolgere sin dalle prime fasi del progetto le Amministrazioni comunali.

Un secondo elemento è rappresentato dalla sapiente collocazione dei cartelli di segnalazione della presenza di gruppi di Controllo di Vicinato sul territorio da parte delle Amministrazioni comunali, le sole titolate ad installare cartelli segnaletici negli spazi pubblici (altra seconda e buona ragione per coinvolgere da subito le autorità comunali). Per “estendere i benefici” rappresentati dalla presenza di gruppi di Controllo di Vicinato sul territorio anche a quelle aree in cui questi gruppi non sono presenti, è determinante non rendere pubbliche le vie in cui sono attivi i gruppi di controllo, né tanto meno la lista delle famiglie che vi hanno aderito (la privacy, sotto questo aspetto, va applicata con rigore). I cartelli del Controllo di Vicinato (che possono avere forme e colori diversi sulla base delle scelte fatte dalle amministrazioni), installati in luoghi ben visibili, devono indicare solo genericamente le aree in cui i gruppi sono attivi senza fornire agli autori di reato specifiche indicazioni sulle zone off-limits, né, quindi, indirettamente, indicazioni sulle aree senza sorveglianza. Questo livello di incertezza (per i ladri) estende anche alle zone in cui il Controllo di Vicinato non c’è il beneficio della presenza dei gruppi sul territorio.

Un terzo e altrettanto importante elemento per estendere a tutto il territorio comunale uno spazio difendibile “virtuale” è rappresentato dall’integrazione delle varie forme di sorveglianza che la comunità può mettere a disposizione: i residenti (sia nella forma organizzata del Controllo di Vicinato che come semplici fruitori di spazi e funzioni del territorio), le Forze dell'Ordine e gli strumenti di sorveglianza tecnologica. Inoltre, un forte e continuativo dialogo tra cittadini e Forze dell'Ordine (Community Policing) e la volontà delle Amministrazioni comunali di rivitalizzare o comunque sorvegliare aree considerate a rischio perché poco frequentate, sono determinanti per generare una svolta relazionale e tessere i nodi di questa rete di sorveglianza del territorio in forma partecipata. Se a questi due ultimi aspetti si aggiunge l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza intelligente e di strumenti di crime-mapping (che dovrebbe vedere la collaborazione tra gli Uffici Tecnici e le Polizie Locali) per monitorare il territorio e individuare vulnerabilità ambientali e aree a rischio (non solo per quel che riguarda i reati predatori) si può ben sperare che la comunità sarà, ma soprattutto si sentirà più sicura. Resta il paradosso di una popolazione che ha più paura a fronte di una generale diminuzione dei reati, ma questo è un argomento che merita una trattazione a sé e che affronteremo in un prossimo futuro.

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