In qualunque tempo e cultura, gli esseri umani hanno sempre avuto l’impulso di appropriarsi di beni non propri. Intere civiltà del passato hanno basato la loro esistenza ed il loro successo su questa attitudine. È grazie alle leggi, ai codici morali e al giudizio dei nostri simili che questo istinto per la gran parte di noi, oggi, viene represso e non si manifesta.

Questa prospettiva potrebbe dare fastidio, ma in fondo il comportamento criminale non è che uno dei tanti modi di agire e di comportarsi nella società. Pertanto, per conoscere, prevenire e combattere la criminalità è necessaria la conoscenza dei fattori sociali, delle dinamiche psicologiche, e delle interrelazioni fra individui, gruppi e ambiente che sono alla base del comportamento umano.

In particolare, se ci occupiamo dei furti in casa e delle sue dinamiche, dobbiamo considerare che il ladro ha tutto l’interesse a mantenerci in una condizione di irrazionalità quando pensiamo a lui e alla sua attività. DeumanizzarloI, sfuocarlo in una sagoma indistinta o nelle indifferenziate, generiche e non troppo velatamente categorie razziste di «straniero», «extracomunitario», «rom», «tossico» ci impedisce di mettere a fuoco il suo modo di pensare e di agire e ci allontana dalle soluzioni. È vero, alcuni soggetti appartenenti a queste categorie sono spesso autori di reati predatori – talvolta disorganizzati e dagli esiti incerti -, come lo sono soggetti che non appartengono a queste categorie, ma non è questo il punto. Abbiamo invece bisogno di ristabilire la dimensione umana dell’atto predatorio. Abbiamo bisogno di umanizzare l’autore di reato (non per facile buonismo, categoria, questa, sconosciuta alle discipline criminologiche) ma perché solo così saremo in grado di capire come contrastare la sua attività.

Il ladro è un essere umano che agisce razionalmente e possiamo, di conseguenza, interpretare il suo modo di pensare e prevenire le sue azioni. Immaginarlo come un nemico invisibile e idealizzato ci fa solo correre il rischio di sottovalutare la sua razionalità, e dunque la sua perizia.

Il ladro cerca di raggiungere i suoi scopi investendo il minimo di risorse e cercando di correre meno rischi possibili. La sua logica non è dissimile da quella che muove un imprenditore o un consumatore: «ottenere il massimo spendendo il minimo». Ciò non significa che ogni furto sia basato su un'attenta considerazione del rischio e della ricompensa ma implica che le scelte del bersaglio operate dal ladro non siano aleatorie ma influenzate da considerazioni su costi e benefici.

Nonostante le preferenze individuali (spesso governate da mutevoli fattori ambientali), decenni di ricerche hanno dimostrato quanto siano ricorrenti i modus operandi dei ladri riguardo alla sequenza della catena decisionale, alla natura dei segnali dell’ambiente utilizzati per cercare l’obiettivo ottimale e al metodo di ricerca all'interno della proprietà.

Gli studi condotti sinora dagli specialisti (criminologi, sociologi e psicologi) ci indicano un ladro meno impulsivo e governato da una certa razionalità, che utilizza un approccio euristico (procedimento che consente di prevedere un risultato, che dovrà poi essere convalidato) basato sulle decisioni e le azioni che ha svolto nel passato. Ci raffigurano il ladro tipico come qualcuno che in genere prende la decisione iniziale di commettere un furto e poi si imbarca in una serie di decisioni a catena fino a quando il furto non è stato compiuto. Il bisogno strumentale di denaro è in modo schiacciante il principale movente per la commissione di un furto, ma molti studi hanno anche evidenziato il ruolo di un accresciuto senso di eccitazione fisiologica che il ladro sperimenta prima, durante e dopo il furto. Anche se il furto resta principalmente un reato strumentale (diversamente dai reati espressivi, come un omicidio a sfondo passionale o una violenza sessuale), sarebbe un errore sottovalutare il ruolo giocato dalle emozioni nei processi cognitivi del ladro.

Gli studiosi non sono in grado di determinare se nella scelta del suo obiettivo il ladro consideri il danno arrecato alle sue vittime. Nella maggior parte dei casi questa preoccupazione sembra essere assente (depersonalizzazione della vittima). Nel caso in cui qualche sorta di empatia fosse presente, è probabile che il ladro metta in atto una sorta di autocensura per riuscire ad accettare il fatto che commetterà l’atto predatorio anche se ciò causerà problemi ad altri.

Si tenga presente che, spesso, l’autore di reati contro il patrimonio con più esperienza e migliore organizzazione, tende a minimizzare le conseguenze delle sue azioni illecite proprio allo scopo, in caso di arresto e di coinvolgimento giudiziario, di poter fruire di un trattamento sanzionatorio meno severo rispetto a quello che sarebbe previsto per il reato aggravato.

È altrettanto probabile che nella mente del ladro si mettano in moto tecniche di neutralizzazione, come la “minimizzazione del danno” (D. Matza, 1969)II, per consentire al ladro l’auto-assolvimento e mettere a tacere i suoi eventuali sensi di colpa.

La comprensione del funzionamento della mente del ladro intorno e dentro la scena del furto si basa su ricerche sperimentali svolte negli ultimi 30-40 anni. Queste hanno evidenziato la presenza di processi inconsci nella mente del ladro, che diventano automatici nel tempo, attraverso la pratica ed il riconoscimento dei segnali ambientali, insieme a decisioni e comportamenti più deliberativi e coscienti. Processi molto simili ad altre categorie di persone e professioni.

Non c’è infatti alcun motivo per pensare che i ladri debbano differire dal resto della specie umana in termini di esperienze decisionali.

Il modello empirico postulato dagli studiosi Nee e WardIII comprende quattro fasi del processo decisionale che si verificano nei giorni, nelle ore o nei minuti precedenti la commissione del furto:

  1. Automatica, non intenzionale, precosciente valutazione dell'ambiente;
  2. Riconoscimento automatico dei segnali ambientali legati al reato che si vuol commettere durante la selezione dell'obiettivo;
  3. Attivazione di complessi schemi cognitivi, costruiti attraverso la pratica, che consentono l'accesso istantaneo e compensativo ad un ricco numero di esempi e ad un procedimento euristico (che non segue un chiaro percorso, ma che si affida all'intuito e allo stato temporaneo delle circostanze). Questo a sua volta porta a:
  4. Risposte veloci ai segnali ambientali che hanno funzionato nel passato, sotto forma di esecuzione di un copione basato su metodi collaudati, permettendo una commissione relativamente automatica dell'atto predatorio. 

Durante le sue attività quotidiane (di lavoro o ricreative) il ladro può aver notato l’alto valore di mercato di un luogo associato ad elementi di vulnerabilità. La sua superiore consapevolezza situazionale e l'attenzione selettiva a segnali associati con attività predatorie attireranno automaticamente e inconsciamente la sua attenzione.

Il ladro si reca in una specifica area che ritiene favorevole al furto e sulla base della sua esperienza cerca un obiettivo adatto che permetta un facile guadagno a basso rischio. Il ladro può anche recarsi intenzionalmente in una zona in cui ha già compiuto altri furti, sapendo che in quella zona si presenteranno altre opportunità accessibili. In entrambi i casi, quando sarà sul luogo prescelto, egli valuterà la combinazione di diversi segnali ambientali al fine di scegliere il bersaglio più favorevole.

L'idea che i ladri scansionino l'ambiente come parte della loro attività di routine è nota da quando è iniziata la ricerca sugli autori dei reati predatori.

Nel 1984 i ricercatori Bennet e WrightIV coniarono il termine "cercatore" per indicare che il ladro sceglie il suo obiettivo usando i segnali ambientali precedentemente appresi che indicano che la proprietà che si vuole attaccare ha delle vulnerabilità. Cioè indica che il ladro, nella maggior parte dei casi, non ha un approccio opportunistico o impulsivo.

In genere, la decisione di commettere il furto emerge prima della scelta dell’obiettivo. Diversi aspetti delle proprietà osservate possono attrarre o scoraggiare il ladro (la valutazione è fatta automaticamente e istantaneamente appena il ladro arriva in un ambiente che presenta vulnerabilità).

Se il ladro sarà scoraggiato cercherà nelle vicinanze un obiettivo più facile e altrettanto remunerativo. Nel nuovo luogo prescelto il ladro può rilevare nuovi obiettivi che soddisfano le sue esigenze o che potrebbero dare migliori risultati. Ciò lo spinge ad intraprendere nuove esplorazioni.

L’esplorazione di aree sconosciute è un po' più rischioso e il ladro avrà cura di non sembrare fuori posto e cercherà di sentirsi a suo agio con passanti e residenti che lo potrebbero osservare (soprattutto se in quell’area è attivo un programma di Neighbourhood Watch). Passanti e residenti che il ladro comunque monitorerà per tutto il tempo della ricerca dell’obiettivo.

Il ladro più è esperto e meno è scoraggiato dalle caratteristiche di sicurezza della proprietà. Egli ha maggiori livelli di abilità e una maggiore auto-efficacia. Si sente più sicuro di esplorare territori sconosciuti più lontani dalla sua casa rispetto ai suoi omologhi meno esperti. Come risultato dei suoi schemi cognitivi, sempre più ricchi e interconnessi, egli può trarre utili inferenze anche da piccole quantità di informazioni con cui ha parziale familiarità. Questo spiega la fiducia (spesso eccessiva) che si vede nei ladri esperti.

Tra le caratteristiche valutate dal ladro vi sono l'arredamento della proprietà e gli oggetti di valore che possono essere visti sia all'interno sia all'esterno di questa, oltre ai veicoli parcheggiati all'esterno o all’interno della proprietà. Queste considerazioni, insieme a quelle sulla possibilità di accesso (proprietà distaccata, semi-indipendente, accessi laterali o sul retro, folta vegetazione all’interno o intorno, ecc.), permetteranno una migliore valutazione della proprietà e maggiori opportunità di entrata e di fuga. Il metodo più comune di accesso alle proprietà da parte del ladro resta, comunque, attraverso una finestra o una porta aperta.

Nell’ambiente vi è abbondanza di informazioni e segnali che il ladro interpreta come attraenti o deterrenti quando valuta i suoi potenziali obiettivi. Gli studiosi si sono chiesti se particolari segnali o classi di segnali hanno più influenza di altri sul processo decisionale del ladro. La risposta è stata, no. Pare che il processo decisionale del ladro sia complesso e dinamico. Processo in cui diversi segnali presenti nell’ambiente si combinano e si compensano l’un l’altro (suggerendo schemi densi ed inter-correlati). Segnali dell’ambiente il cui significato può cambiare anche sulla base dell’orario o avere, nello stesso momento, significati diversi. Per esempio, la presenza di molti alberi e vegetazione in un giardino può far aumentare la percezione del valore complessivo della proprietà, ma certamente ne ridurrà anche la sua sicurezza, permettendo al ladro di nascondersi e di valutare il potenziale obiettivo con più accuratezza circa i punti di entrata e la presenza dei proprietari senza essere visto. Analogamente, un accesso laterale e posteriore indica spesso una proprietà più grande e più ricca, ma aumenta anche l'opportunità di entrarvi da punti diversi.

Il ladro torna sul luogo dove ha individuato una residenza vulnerabile notata durante un’attività di routine (ad esempio durante un’attività lavorativa o ricreativa) utilizzando i segnali ambientali (ricchezza, accessibilità, ecc.). È altamente probabile che faccia più sopralluoghi per valutare meglio l’obiettivo e decidere qual è il momento migliore della giornata per effettuare il colpo.

I ladri rubano anche su commissione. Una volta identificati i beni da rubare, altre indicazioni (quali la presenza dei proprietari, la possibilità di accesso e i sistemi di sicurezza) sono utilizzate per decidere quando realmente commettere il furto. Una volta che l'obiettivo è stato scelto, le sue caratteristiche determineranno da quale parte entrerà il ladro.

In conformità con i processi mentali utilizzati per valutare l’obiettivo dall'esterno, durante il furto il ladro intraprenderà una “ricerca abituale”, “collaudata”, un ibrido di ciò che ha funzionato nel passato, che gli ha fatto ottenere risultati più alti a più basso rischio, cioè permettendogli dopo il furto di uscire indenne dalla proprietà il più rapidamente possibile. Sembra ragionevole supporre che i ladri continuano a utilizzare una conoscenza schematica superiore per uscire dalla proprietà e allontanarsi dal luogo del furto, a piedi o con altri mezzi.

La ricerca diventa quindi un istinto naturale, una routine che gli permette di concentrarsi su ciò che sta succedendo intorno a lui e, contemporaneamente, cercare gli oggetti da rubare. La maggior parte della concentrazione comunque è sul rischio che qualcuno lo scopra.

Layout interni scontati e familiari, o addirittura proprietà che ha già saccheggiato (o simili a quelle) e l’adozione dell’euristica del “tracciato”, faciliteranno il suo processo di ricerca e apprendimento.

Sulla base delle ricerche svolte dagli studiosi, centinaia di ladri detenuti intervistati hanno dichiarato che miravano per primi alla camera da letto principale, poi alle altre camere da letto e, infine, al resto della casa se ne avevano il tempo.

Vari studi segnalano inoltre che la maggior parte dei ladri preferisce un bersaglio non occupato dai residenti. Le stesse fonti riferiscono che i ladri entrano nelle proprietà occupate solo se nessun’altro obiettivo è disponibile e a condizione che gli occupanti dormano, ma avendo sempre cura di non incontrare le loro vittime. La presenza dei residenti è uno dei più forti deterrenti. I residenti, se si accorgono che il ladro sta tentando di entrare possono chiamare immediatamente le Forze dell'Ordine. Trovarsi di fronte al proprietario è un’esperienza che i ladri vogliono evitare come la peste e che potrebbe costringerli a tornare sui propri passi.

Studi del 2014, condotti in Gran Bretagna e Stati Uniti dalla criminologa E. TaylorV, che hanno visto coinvolti 40 detenuti condannati per furto, hanno scoperto che alcuni ladri rinunciano a scegliere i loro obiettivi nel caso in cui nelle case siano presenti bambini o anziani o persone disabili. Gli studiosi non sono stati in grado però di dimostrare che alcune case vengono risparmiate perché i ladri dimostrano empatia [una risposta affettiva derivante dalla comprensione di un altro stato emotivo o condizione] per queste specifiche categorie di vittime. Questo è un argomento che meriterebbe un ulteriore approfondimento.

Furti e rapine

Ogni tanto si ha notizia di ladri che hanno fatto irruzione in casa armati per rubare. In questi casi si tratta di una rapina. Assumiamo, sulla base di quanto detto sinora che il vantaggio che i rapinatori pensano di ricavarne supera l’alto rischio che stanno correndo. In questi casi, dunque, è meglio non incontrarli. Anche perché se i ladri accettano il rischio di incontrare la loro vittima non è mai una buona notizia, per la vittima.

I rapinatori sono spesso persone senza scrupoli e nessuna empatia per la vittima. Non possiamo escludere di essere in presenza di un disturbo antisociale della personalitàVI. La loro mancanza di empatia favorisce il loro comportamento antisociale e criminale, consentendogli di ignorare il danno arrecato alle vittime aprendo le porte ad azioni socialmente e umanamente inaccettabili. I rapinatori si muovono in genere su auto veloci. Sono pendolari che si spostano di provincia in provincia o addirittura da nazione a nazione. Preferiscono colpire case isolate di campagna, in periferia o nelle frazioni, prediligendo quelle vicino alla strada per garantirsi un’agile via di fuga. Fanno irruzione quasi sempre all’ora di cena per prendere in ostaggio tutta la famiglia, usando violenza sulle vittime per costringerle a svelare i luoghi in cui è nascosta la cassaforte o i soldi. Spesso hanno il volto travisato, indossano guanti e lasciano poche tracce. In questi casi la strategia migliore è quella di ridurre i danni non facendo innervosire i malviventi e privilegiando la protezione della vita a quella dei beni.

Ladri esperti e ladri inesperti

I “ladri esperti”, le cui modalità operative si assomigliano tutte, tendono a rubare meno cose ma di maggior valore. Quelli meno esperti, invece, arraffano tutto quello gli sembra di valore. In un esperimento condotto nel 2006 in GB dagli psicologi Nee e MeenaghanVII, in cui sono stati coinvolti 50 detenuti condannati per furto, i ricercatori hanno scoperto che i ladri più esperti hanno avuto una capacità maggiore di riconoscere beni di elevato valore. Per esempio, hanno evitato gadget elettronici che si deprezzano rapidamente e hanno puntato su articoli più piccoli quali gioielli, droga, gadget elettronici che non si deprezzavano rapidamente e contanti. Nella stessa simulazione i ladri hanno speso significativamente più tempo nelle zone della casa in cui potevano trovare oggetti di più alto valore. Mentre beni come l'argento, porcellane, antiquariato e opere d’arte (con un valore commerciale più alto) sono rubati molto più raramente poiché è troppo rischioso sbarazzarsene, indicando che il ladro usa una chiara strategia per non essere identificato dopo aver commesso il furto.

Selezione e rivendita della refurtiva

Le dimensioni della refurtiva sono collegate alla possibilità da parte del ladro di trasportarla. Case isolate (magari senza vicini che possono accorgersi della sua presenza) e la possibilità di avvicinarsi con un’auto, insieme ad una facile via di fuga permetteranno al ladro di trasportare refurtive più ingombranti. Negli altri casi punterà a refurtiva di piccole dimensioni e facilmente trasportabile.

Gli studiosi non sanno quasi nulla dei processi cognitivi ed emotivi che si verificano nelle ore o nei giorni successivi al furto, a parte le modalità con cui il ladro si sbarazza dei beni rubati. Sarebbe pertanto utile capire più approfonditamente cosa passa nella mente del ladro non solo nella fase temporale relativa al furto in sé (progettazione, preparazione pratica, esecuzione), bensì anche in quella successiva: ovvero quella relativa alla allocazione della refurtiva.

Assumiamo empiricamente che dopo il furto la priorità nella mente del ladro è quella di convertire il più rapidamente possibile i beni rubati in contanti (non sorprende quindi che i ladri prestino particolare attenzione a chi vendono gli oggetti rubati). Assumiamo anche che pochi di loro tengono le merci rubate (forse fanno eccezione le armi) per non essere collegati al furto in caso di perquisizioni. Anche qui sarebbe interessante comprendere meglio quando e perché il ladro utilizza per sé i beni sottratti o quando invece decide di immetterli nel mercato informale e clandestino. Da questa scelta si potrebbe desumere se l’offender sia più o meno occasionale o più o meno organizzato. Tenendo presente inoltre che, nel secondo caso, vi potrà essere la possibilità di rinvenire nuovamente gli stessi beni in altri canali che comporteranno il compimento di altre forme di reato, quali il riciclaggio o l’auto-riciclaggio.

La maggior parte dei ladri non fa molti sforzi per ottenere prezzi migliori dai ricettatori, accettando offerte che soddisfano le loro immediate necessità. I ladri più esperti tendono invece a contrattare per ottenere dai ricettatori prezzi più accettabili e sono molto più accorti nello scegliere a chi vendere i beni rubati. Raramente vendono ad amici o membri della famiglia.

Uno studio di J. Clare (2011)VIII suggerisce che per molti ladri i modi per evitare di essere beccati dopo il furto possono essere molto meno sviluppati e sofisticati se confrontati con l'abilità superiore dimostrata durante l’esecuzione del furto stesso.

Bisognerebbe capitalizzare in termini di prevenzione il fatto di sapere che il ladro entrato in una abitazione si aspetta un ambiente con cui ha «familiarità». Un ambiente in cui la sua routine e il suo comportamento da esperto funzionino bene senza doverci pensare troppo.

Mentre il furto è in corso, eventi improvvisi e inattesi potrebbero portare il ladro a rinunciare a causa di un sovraccarico cognitivo e dall'ansia che ne può risultare. Questo sembra essere un potenziale deterrente non ancora sfruttato a sufficienza nelle tecniche di prevenzione dei reati predatori.

Presentare al ladro layout ambientali inattesiIX o rumori e voci improvvisi potrebbero dissuaderlo e destabilizzare l’eccessiva fiducia che ha in sé stesso basata sulle sue competenze accumulate.

  1. È una forma radicale di svalutazione che consiste nella negazione dell’umanità dell’altro. A questo riguardo, si veda Deumanizzazione Chiara  Volpato, 2011 Laterza.  

  2. Matza D., Becoming deviant, New York, 1969

  3. Ward, T. & Nee, C. (2009). Surfaces and depths: evaluating the theoretical assumptions of cognitive skills programmes. Psychology, Crime and Law (special edition on Offender Cognition and Emotion), 15, 165-182.

  4. Bennett, T. &. Wright. R. (1984). Burglars on burglary: prevention and the offender. Aldershot: Gower.

  5. Emmeline Taylor (2014). Honour among burglars? How morality and rationality influence the decision-making processes of convicted domestic burglars. Sage Journals. Volume: 14 issue: 4, page(s): 487-502

  6. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition [DSM-5]

  7. Nee, C., & Meenaghan, A. (2006). Expert decision-making in burglars. British Journal of Criminology, 46(5), 935-949. doi: 10.1093/bjc/az1013

  8. Clare, J. (2011). Examination of systematic variations in burglars' domain-specific perceptual and procedural skills. Psychology, Crime & Law, 17(3), 199-214. doi: 10.1080/10683160903025810

  9. Ad esempio, oscurando l’ambiente facendo scattare allarmi, già ampiamente in uso, che riempiono l’abitazione di fumo.

Articolo su gentile concessione di EUNWA

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